martedì 29 dicembre 2015

Nulla, solo la notte

John William è un pittore di emozioni. Qualcuno ha paragonato la sua opera d'esordio, "Nulla, solo la notte" ad un quadro di Hopper. Mi sono trovata d'accordo con questa affermazione durante la lettura della prima parte del libro: i personaggi navigano superficialmente in un ambiente che ha un che di finto, mossi con coordinazione e maestria dall'abile regia dello scrittore, quasi fossero tutti i meccanismi di un unico macchinario.
La scrittura di Williams è in effetti incredibilmente precisa, ricca di descrizioni delicate, dettagliate e pulite, direi chirurgiche. Ciononostante, egli riesce a far trapelare turbamenti interiori, che vanno a toccarci nel profondo. Questo libro scava nel nostro passato con dolcezza e al contempo spietatezza: ancora una volta, è inevitabile il paragone con un'operazione chirurgica. Lo scrittore non sbaglia mai, lo stile è perfetto: non esagera, non tralascia nulla, ci permette di visualizzare l'intera storia con una precisione assoluta.
Questo, però, non significa che lui si limiti a salire in cattedra e a impartire lezioni di stile, perché sviluppa durante tutto il romanzo un climax crescente di tensione, accompagnato dall'alcol che si accumula nei corpi dei personaggi, che sfocia con tutta la sua esplosività liberatoria nel finale, permettendoci finalmente di riprendere fiato. Ed è proprio in quest'ultima parte che il paragone con le opere di Hopper a mio avviso non regge più, perché il libro si anima, prende vita, distanziandosi dalle atmosfere fredde al neon descritte dal pittore statunitense.
Per quanto riguarda i personaggi, ho trovato inevitabile accostare Arthur, il protagonista di questo romanzo, al più noto Stoner. Sebbene le loro storie siano palesemente diverse, entrambi vivono la vita lasciandosi trainare dal tempo, senza mai mai imporsi, senza mai lottare fino in fondo per qualcosa. Sono due figure estremamente deboli, anche se le accuse mosse verso Stoner da Peter Cameron, che non perdona al protagonista l'aver accettato la realtà senza sforzarsi per cambiarla, non si adattano perfettamente anche ad Arthur, il quale vive in questa condizione di rassegnazione perché logorato dal trauma infantile che affronta durante tutto il romanzo, e quindi, una volta conosciuta la sua storia, si tende ad assolverlo.
John William mostra tutto il suo amore per l'uomo, scegliendo di ritrarre personaggi ordinari, per rivelare la straordinarietà che si cela nelle vite di tutti. Forse il motivo per cui le suo opere sono tanto apprezzate dal pubblico è proprio questa sua universalità, che le avvicina ai lettori, permettendoci di entrare più intensamente a contatto con i suoi protagonisti.

Questa è la mia modestissima e personalissima opinione, non sono un critico letterario né ho titolo alcuno per cui questa recensione possa avere un valore. Sarei curiosa di sapere come voi avete interpretato il libro, perciò vi invito a scriverlo nei commenti.

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