giovedì 10 dicembre 2015

In attesa

L'invidia non è negativa, è un'ammissione di inferiorità. Un atto di umiltà.
Sono ferma ad aspettare l'autobus e li vedo passare, chiusi nelle loro giacche, testa china a proteggersi dal freddo pungente, fianco a fianco, braccio sotto braccio, le mani in tasca. Lui è scuro dalla testa ai piedi, mentre il cappello rosso di lei fa capolino tra l'aria rarefatta e squarcia il buio della sera che si mescola con i loro vestiti come un piccolo rubino in una miniera di carbone. Con la mano libera trascina un carrello di quelli che si usano per portare le buste della spesa. Camminano vicini, i passi completamente sincronizzati, un'anima e due corpi. Non parlano, gli sguardi, abbassati, non si incontrano, ma si sostentano, affrontano il freddo insieme.

Io non so chi siano, non vedo i loro volti e non conosco i loro nomi, potrebbero essere marito e moglie, padre e figlia, non lo so. Tutto ciò che vedo è l'alone di purezza e calore che si trascinano, l'amore che condividono così spontaneamente, senza però lasciare spazio a nessuno per inserirsi. Li guardo allontanarsi con la loro andatura goffa e affrettata, li guardo fino a quando la chiazza vermiglia del cappello non viene inghiottita dagli alberi e dai palazzi, e sento il cuore tremare.  Di fronte a loro, di fronte ad un sentimento che è così sincero e così semplice, io provo invidia. E mi sembra la cosa migliore che io possa fare.  

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